martedì 1 giugno 2010

Me gustas cuando votas porque estàs como ausente…

Domenica 30 maggio è stata una giornata dura, mi ricorda certe domeniche d’Aprile passate ad aspettare la vittoria di Berlusconi. In realtà stavolta ero più ottimista per una serie di motivi tipo: la mia famiglia non vive qua, non c’è l’ombra della Lega Nord e l’opposizione non è in mano al Partito Democratico. L’ottimismo però è durato poco, dato che la conta dei voti è stata fulminea. Diciamo che il fatto che Santos avesse potuto vincere al secondo turno era altamente probabile, ma che l’onda verde portasse a casa un così misero risultato (Santos 46%, Mockus 21%) questo no, non se l’aspettava nessuno! Insomma per poco non si va neanche al ballottaggio.
Le sensazioni più comuni in questi casi sono tristezza e rabbia. Rabbia perché uno dubita della rapidità della conta, perché non si è capito come mai Santos abbia fatto (il venerdì) una riunione col capo della registraduria (l’organo che si occupa dello spoglio), perché già da giorni si parla di compra dei voti e in questo paese basta spostarsi nei quartieri popolari per capire che un voto costa poco.
Tristezza perché un buon numero di colombiani ancora pensa che i veri problemi del paese siano le Farc e il Venezuela, che minaccia la loro sovranità. Quando parli di paramilitari (che ormai sono i veri gestori del narcotraffico) e falsi positivi puoi scatenare due tipi di reazione. Nel primo caso, con un machiavellismo politico di dubbia fiducia, ti rispondono che la proliferazione dei paramilitari è solo una conseguenza della guerrilla. Nel secondo caso, se sanno di cosa si sta parlando, adottano il metodo tanto caro al nostro presidente del consiglio…tutti comunisti! E poi basta con questi disastri: fosse comuni, desplazados, assassinii, insomma anche loro non ne possono più della violenza, vogliono i turisti e l’Expo!
E poi tristezza per tutti quei colombiani onesti che sono andati a votare con la speranza di contribuire a migliorare un paese profondamente disuguale, corrotto e classista. E in realtà le alternative c’erano. Gente con senso civico che, appunto per questo, aveva smesso di andare a votare ha deciso di fare lo sforzo e di provare a contribuire al cambiamento. L’atmosfera era veramente diversa rispetto ai plebisciti di riconferma del presidente Uribe.
C’era Mockus, rappresentante dell’efficienza e della lotta alla corruzione. Lui sì che l’Expo l’avrebbe portata e sicuramente i rapporti col vicino Chavez si sarebbero distesi. Ha fatto notare infatti che i danni alle esportazioni di manifatture colombiane in Venezuela hanno superato le entrate delle esportazioni del caffè. Poi c’era Petro, il candidato del Polo che, nonostante il miserrimo risultato del suo partito alle elezioni precedenti, grazie alle sue doti oratorie convince una buona parte dell’elettorato. Parla di importanti riforme sociali come unico punto di partenza per ridurre la popolazione vulnerabile e le profonde disuguaglianze, ma l’aver militato nelle M-19 (un gruppo guerrigliero di sinistra) è uno stigma che pesa troppo per un futuro presidente. Insomma non importa il bersaglio, il tiratore può essere solo l’esercito.
Il venerdì prima delle elezioni c’è stato il dibattito tra i candidati. Un dibattito vero, non i salotti di Vespa ai quali siamo abituati noi. La maggior parte dei televisori era sicuramente sintonizzata sull’evento, l’attenzione non è sicuro dato che qui quando si vota c’è la ley seca (divieto di vendere alcolici a partire dal venerdì alle 18 fino al lunedì successivo) e in ogni casa immagino ci fosse una buona scorta fatta il pomeriggio. Mockus ha brillato per assenza nella discussione e Santos ha finalmente scoperto le carte: cancellando con una frase 200 anni di storia ha affermato che il potere giudiziario dovrebbe stare sotto l’esecutivo. Ma questo i suoi elettori non l’hanno sentito o non l’hanno capito.
Domenica si è votato e Mockus ha olimpicamente accettato la sconfitta. Risultati in mano, nella sede del partito Verde hanno intonato un triste coro “sì, se puede”, ma la mestizia del suo elettorato era palese. Intanto su Facebook pullulano i video della compra dei voti in diverse parti del paese.
Poi ieri sera una notizia mi ha tranquillizzato. Anche il prozio di Santos è stato presidente. Qualche voto l’avrà pure rubato, ma il dato è che in questo paese la democrazia è un bene di lusso e la colonia è viva, si doveva solo scegliere el Patron.

1 commento:

  1. Una panoramica politica niente male per cominciare...mmmm ci ricorda qualcosa...e ci serve per studiare un po' prima di approdare!
    un saluto Mat&Sam

    RispondiElimina